Infezioni delle vie urinarie

In collaborazione con il Prof. Salvatore Micali, Direttore del Dipartimento Chirurgico Medico Odontoiatrico e di Scienze Morfologiche con interesse Trapiantologico, Oncologico e di Medicina Rigenerativa – Azienda Ospedaliera-Universitaria di Modena, Cattedra e Scuola di specializzazione in Urologia

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Le infezioni delle vie urinarie, note anche con la sigla IVU, si verificano quando i batteri, penetrando attraverso l’uretra, proliferano e si moltiplicano nelle vie urinarie. Generalmente questo tipo di infezioni interessa le vie urinarie basse, ovvero l’uretra e la vescica. Se non vengono opportunamente trattate possono però diffondersi all’apparato urinario superiore ovvero agli ureteri, ai reni e, infine, anche a livello sistemico. Anatomicamente pertanto le possiamo suddividere in:

  • infezione dell’uretra (uretrite).
  • infezione della vescica: detta cistite. È il tipo di infezione delle vie urinarie più comune.
  • infezione della via escretrice (pelvi renale), ovvero la pielonefrite: è una patologia molto grave che richiede una terapia antibiotica mirata e repentina.
  • infezione ematogena (a carico del torrente circolatorio ematico) detta Sepsi urinaria od Urosepsi. Rappresenta in assoluto la condizione clinica più grave relativa alle infezioni delle vie urinarie. Spesso può richiedere il ricovero del paziente nelle unità di terapia intensiva e, se trascurata, può portare anche all’exitus dello stesso. Importante, in questi casi, all’insorgenza del picco febbrile che sempre precede la sepsi, eseguire una duplice emocoltura (su accessi venosi diversi) al fine di identificare il germe incriminato e quindi procedere il prima possibile ad una terapia antibiotica mirata.

Picchi di incidenza differenti rispetto ad età e sesso.

Durante i primi anni di vita (fino ai 2 anni) la popolazione maschile è più colpita poiché soggetta a frequenti episodi infettivi a carico dei genitali esterni (balaniti).

Durante l’età fertile, invece, le donne sono più suscettibili a questo tipo di infezioni perché lo sbocco dell’uretra è vicino ad ano e vagina, due aree normalmente popolate da batteri. Inoltre la maggiore brevità dell’uretra rispetto a quella maschile rende più agevole la colonizzazione delle vie urinarie da parte degli stessi.

Dopo i 50 anni d’età le percentuali di incidenza diventano sovrapponibili poiché nell’uomo compaiono i primi sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB) che, ostacolando il deflusso urinario, favorisce il ristagno di urina e le proliferazione batterica.

Altri fattori definiti “favorenti” le infezioni delle vie urinarie sono:

  • ostacolato flusso urinario: calcoli urinari, ipertrofia prostatica e tutte le stenosi delle vie urinarie con ristagno dell’urina a monte dell’ostacolo
  • infezioni subcliniche della prostata (prostatiti)
    cateterismo vescicale
  • condizioni o terapie che riducono le difese immunitarie
  • freddo intenso: provoca vasocostrizione locale che può facilitare le infezioni
  • patologie sistemiche come il diabete od alcune patologie neurologiche
  • traumatismi da sfregamento nei rapporti sessuali
  • prolasso uterino o vescicale
  • l’uso di dispositivi anticoncezionali utero-vaginali invasivi che alterano il normale equilibrio della flora batterica vaginale.
  • stitichezza
  • numerose “cattive abitudini”: tendenza a posticipare la minzione trattenendo le urine il più possibile, tendenza a non svuotare completamente la vescica, igiene intima approssimativa e/o con prodotti aggressivi destabilizzanti la flora batterica vaginale, alimentazione non corretta
  • predisposizione genetica

Le cause principali

Negli adulti la maggior parte (70-95% dei casi) delle infezioni delle vie urinarie è causata dal batterio Escherichia Coli, un batterio normalmente presente nell’intestino che, attraverso la cute dei genitali e dell’ano, può penetrare nell’uretra. Gli altri batteri che danno frequentemente IVU sono sempre microrganismi che popolano il tratto intestinale quali Proteus, Klebsiella, Enterobacter, Enterococcus faecalis e Pseudomonas.
Il modo più semplice per suddividere le IVU è la classificazione sviluppata nel 1988 dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e aggiornata nel 2003. Questa prevede la semplice distinzione tra: IVU sintomatiche e batteriuria asintomatica (BAS). Nello specifico:

  • per IVU sintomatica viene definita la presenza di sintomi clinici associati alla certificazione microbiologica della presenza di un patogeno nelle urine. Tale diagnosi viene effettuata tramite: esame colturale delle urine (urinocoltura), microscopia, stick urinario, tecnica PCR o, in ultima istanza, tramite valutazione medica obiettiva.
  • La diagnosi di BAS richiede invece, in pazienti non portatori di catetere vescicale, la presenza di almeno due referti colturali positivi in assenza di sintomatologia.

Per positività dell’esame colturale si intende la presenza di almeno 100.000 colonie batteriche per campione. Al di sotto di tali valori la carica batterica non è considerata significativa.

Nel 1992-1993 tale classificazione è stata inoltre arricchita dall’introduzione del concetto di IVU “complicate” e “IVU non-complicate”. Si definiscono IVU “non-complicate” quelle in cui il paziente non è portatore di alcun fattore di rischio che lo renda suscettibile allo sviluppo di un’infezione urinaria. L’IVU è definita “complicata” quando invece vi è la presenza di almeno un fattore di rischio predisponente. Si considera inoltre IVU “complicata” anche un IVU ad elevato rischio di sviluppo di complicanze se non propriamente trattata.

I sintomi di cistite e uretrite (ovvero IVU delle basse vie urinarie) comprendono:

  1. minzione frequente (pollachiuria),
  2. urgenza ad urinare,
  3. minzione dolorosa (stranguria);
  4. dolore in regione pelvico-lombarE;
  5. sangue nell’urina (ematuria);
  6. urine purulente (piuria);
  7. febbre.

I sintomi più comuni delle infezioni delle alte vie urinarie invece includono:

  1. febbre (spesso alta con brivido scuotente);
  2. dolore lombare;
    riduzione della funzionalità renale.

La diagnosi

Si basa essenzialmente su due elementi: la presenza della sintomatologia sopramenzionata e l’isolamento del microrganismo responsabile che, come già accennato, può avvenire tramite diverse tecniche, su tutte l’urinocoltura che è, senza dubbio, la metodica più utilizzata per tale scopo. Su quest’ultima è inoltre possibile eseguire anche un antibiogramma al fine di determinare l’antibiotico più sensibile da utilizzare per il trattamento del batterio che è stato isolato quale responsabile dell’infezione.

Per le infezioni delle alte vie urinarie (pielonefrite) può risultare utile anche l’esecuzione di alcune indagini radiologiche quali l’ecografia reno-vescicale e la TC addome con mezzo di contrasto. Infine nell’ambito dell’urosepsi risulterà di fondamentale importanza, ai fini dell’isolamento del patogeno responsabile, l’esecuzione di emocolture seriate.

Il trattamento delle IVU e l’utilizzo di antibiotici e farmaci.

Per quanto riguarda gli antibiotici esistono due tipi di approcci:

  • quello empirico (quando non si è isolato il microrganismo patogeno responsabile);
  • quello antibiotico-specifico (quando si somministra il farmaco sulla base del risultato dell’antibiogramma).

Nel caso delle infezioni delle vie urinarie “non complicate” è imperativo attendere il risultato degli esami colturali per impostare un terapia antibiotica mirata, al fine di evitare le cosiddette antibiotico-resistenze. Tale problematica è diventata un problema molto serio negli ultimi anni per via della diffusione di ceppi batterici altamente resistenti alla quasi totalità delle classi antibiotiche (Escherichia Coli e Klebsiella), soprattutto in ambienti ospedalieri.
Gli antibiotici più utilizzati nelle IVU sono Fosfomicina, Fluorochinolonici, i Beta-Lattamici e il Trimetoprim Sulfametossazolo. Nelle infezioni delle basse vie, quasi sempre trattate a domicilio, si predilige la somministrazione dell’antibiotico per bocca e la durata del trattamento in genere non supera i 2 giorni (fosfomicina) o i 7 giorni (altre classi).
Nelle infezioni delle alte vie invece si opta, anche per via della frequente ospedalizzazione che queste condizioni richiedono, per la somministrazione del farmaco per via intramuscolare od endovenosa. La durata del trattamento in questi ultimi casi può anche superare i 7 giorni.
Per ridurre la sintomatologia urinaria irritativa, nelle infezioni delle basse vie (cistite), si possono utilizzare farmaci antispastici quali la Scopolamina butilbromuro o la Floroglucina biidrata. Per il dolore generato dalle IVU delle alte vie si può invece ricorrere agli antidolorofici non steroidei di più comune utilizzo, come per esempio il ketoprofene o il paracetamolo.

FOCUS

L’importanza della prevenzione nelle IVU

Oltre a farmaci e integratori, assumono un ruolo centrale insieme al bere adeguatamente (almeno 2L di acqua al giorno), anche le norme igieniche-comportamentali. Per quanto riguarda l’igiene intimo è consigliabile l’utilizzo di saponi a pH acido che non alterino la flora batterica presente normalmente a livello vaginale, curare l’igiene intima soprattutto in corrispondenza del ciclo mestruale o dopo rapporti sessuali, l’esecuzione delle abluzioni in senso antero-posteriore per evitare di contaminarsi con batteri di origine intestinale che sono la causa più comune di cistiti nella donna.
Inoltre, per la cura e la prevenzione delle IVU, è diventato ormai di comune dominio l’utilizzo di numerose sostanze fitoterapiche come, per esempio, il D-Mannosio, il Cranberry e gli estratti di Ibisco (Utibis ed Uticran monomaxi). Una ricerca scientifica eseguita dall’urologia dell’Università di Modena dimostra come il Cranberry abbia una spiccata efficacia nella prevenzione delle infezioni ricorrenti delle vie urinarie, soprattutto nelle donne in età fertile. Questo perché il mirtillo rosso possiede una grande attività contro l’adesione dei batteri alla parete vescicale, evitando così la colonizzazione degli stessi e l’inizio del processo infettivo.