L’Allergologia è una branca della medicina che si occupa della prevenzione, della diagnosi e del trattamento delle allergie, patologie generate da un’anomala reattività dell’organismo verso sostanze riconosciute come estranee (allergeni) in soggetti ad esse sensibili; tali manifestazioni cliniche possono coinvolgere diversi organi e apparati (come la cute, l’apparato respiratorio e il distretto gastrointestinale) e possono soventemente coesistere in uno stesso soggetto, specialmente in età pediatrica, stando quindi ad indicare la comune origine “allergica” e pertanto la necessità che di esse venga fatta una valutazione d’insieme dallo specialista preposto, l’allergologo, eventualmente in collaborazione con altre figure mediche (il dermatologo, lo pneumologo, l’otorinolaringoiatria, il gastroenterologo), a seconda delle specifiche manifestazioni cliniche.
Le patologie allergiche
Sono in continuo aumento nella popolazione occidentale, in particolare le forme respiratorie, come la rinocongiuntivite allergica (caratterizzata da prurito e ostruzione nasale, starnutazioni, sintomi oculari), specialmente nei bambini: basti pensare che l’asma bronchiale (possibile evoluzione clinica delle forme allergiche più severe) è la più comune malattia cronica dell’infanzia, interessando oltre il 10% della popolazione pediatrica nei paesi industrializzati.
Fortunatamente negli ultimi anni, alla diagnostica tradizionale basata sui test cutanei (Prick test), ancora oggi punto di partenza di un iter diagnostico corretto, si è affiancata una nuova metodica di test su sangue, il dosaggio delle IgE specifiche per gli allergeni molecolari, che permette di riconoscere con maggiore precisione la proteina vegetale (allergene) responsabile dei sintomi respiratori. In questo modo è spesso possibile passare da una terapia unicamente sintomatica, basata su antistaminici e spray nasali cortisonici, ad un approccio terapeutico causale, curativo, vale a dire la terapia iposensibilizzante specifica: tale trattamento, della durata di tre anni, insegna al nostro sistema immunitario la risposta corretta (cioè quella non allergica) nei confronti dello specifico allergene in causa, riducendo l’intensità e la frequenza dei sintomi oltre che prevenendo possibili peggioramenti futuri, ad esempio in senso asmatiforme, in particolare quando condotta in età pediatrica.
Le allergie cutanee
Anche le manifestazioni cutanee sono sempre più frequenti, come ad esempio la Dermatite Atopica, una forma di dermatite pruriginosa ad andamento cronico-ricorrente, presente soprattutto nei bambini, spesso il preludio alla successiva comparsa, in età adolescenziale-adulta, delle forme allergiche alimentari e respiratorie; in tale condizione clinica è necessario imparare in primo luogo a gestire correttamente la cute, seguendo norme comportamentali specifiche.
Altre patologie molto frequenti sono l’orticaria e la dermatite allergica da contatto; nel caso si sospetti quest’ultima situazione, è utile eseguire i Patch test, test cutanei coi quali è possibile accertare la presenza di sensibilizzazione verso una o più sostanze chimiche (di uso comune o di tipo professionale), eventualmente responsabili di sintomi come prurito e arrossamenti cutanei.ne l’invecchiamento.
Le forme alimentari
Rispetto alle manifestazioni precedenti, le forme alimentari sono particolarmente complesse, richiedendo un primo colloquio col paziente ancor più approfondito: le informazioni raccolte indicheranno se ci si possa trovare di fronte ad una vera problematica allergica IgE mediata (reazioni immediate di tipo cutaneo e/o respiratorio e/o gastrointestinale, entro 2 ore dal consumo dell’alimento sospetto), che può teoricamente portare a manifestazioni severe (anafilassi), oppure se ci si debba orientare verso un meccanismo di altro tipo, immunologico (ad esempio l’ipersensibilità al glutine, quindi la celiachia) o non immunologico, vale a dire un’intolleranza, con sintomi principalmente gastrointestinali come gonfiore e dolore addominale-flatulenza-diarrea-stipsi (ad esempio un’intolleranza al lattosio così come una disbiosi intestinale). Solo in un secondo momento si passerà all’esecuzione del test diagnostico più corretto, vale a dire quello indicato per lo specifico meccanismo causale ipotizzato.
Le allergie ai farmaci
In ultimo per frequenza, ma non per rilevanza, visto il periodo pandemico e la campagna vaccinale in corso, introduciamo le reazioni avverse a farmaci, che possono essere:
- di tipo A (Aumentate);
- di tipo B (Bizzarre).
Le prime (circa il 70%) sono in genere legate al meccanismo farmacologico stesso, quindi prevedibili e legate alla dose assunta (potremmo definirle come “effetti tossici” del farmaco). Le seconde, invece, (circa il 30%) sono imprevedibili e dose-indipendenti (vanno aldilà dell’effetto farmacologico).
L’Allergologo si occupa pertanto delle reazioni di tipo B, dette anche d’ipersensibilità, che a loro volta, a seconda del meccanismo scatenante, possono essere suddivise in reazioni immunologiche (le vere e proprie “allergie”) e in reazioni a base non immunologica. I farmaci maggiormente responsabili sono antibiotici ed antinfiammatori non steroidei (detti “FANS”), anche se stanno diventano sempre più frequenti i report di reazioni a farmaci di recente scoperta ed utilizzo, come chemioterapici ed anticorpi monoclonali.
Il primo aspetto da considerare per una corretta diagnosi delle forme da ipersensibilità è il tempo di latenza che intercorre tra la somministrazione del farmaco e la comparsa dei sintomi. Si parla, infatti, di reazioni “immediate”, in caso di comparsa entro 1-6 ore dopo l’ultima assunzione e per le restanti di reazioni “non immediate”, che possono presentarsi anche diversi giorni o settimane dopo l’inizio della somministrazione del farmaco. In effetti, a questa distinzione “temporale” corrisponde poi, con alcune eccezioni, una sintomatologia clinica abbastanza caratteristica.
Le reazioni immediate – indotte, generalmente, da un meccanismo allergico “IgE mediato” (vale a dire quello classico delle allergie ai pollini), si associano a manifestazioni cutanee (orticaria-angioedema), respiratorie (rinite, congiuntivite, broncospasmo), gastrointestinali (dolori addominali, nausea, vomito, diarrea), che nella loro forma più severa possono manifestarsi come “anafilassi o shock anafilattico”, ossia una reazione di ipersensibilità grave e potenzialmente mortale.
Le reazioni non immediate – indotte da meccanismi allergici mediati da cellule T o da altri meccanismi sia immunologici che non, possono presentarsi con sintomi cutanei molto variabili come:
- orticaria a comparsa ritardata;
- eruzioni maculo-papulari;
- eritema fisso da farmaci;
- vasculiti;
- malattie bollose (es. sindrome di Steven-Johnson e sindrome di Lyell).
In alcune di queste manifestazioni possono essere interessati anche altri organi, portando a quadri di epatite, insufficienza renale, polmonite, anemia, neutropenia e piastrinopenia.
FOCUS
L’importanza dei Test!
Ad ogni modo, in caso di reazioni immediate si potranno eseguire Test cutanei (Skin Prick Test e Intradermoreazioni a lettura immediata) e Test sierologici (Dosaggio delle IgE specifiche), mentre per le reazioni ritardate sono disponibili
Test cutanei come i Patch Test e le Intradermoreazioni a lettura ritardata. Tali metodiche si eseguono solitamente a non meno di 4-6 settimane dalla reazione occorsa e sono, tuttavia, in grado di riprodurre solo una parte dei meccanismi alla base delle reazioni d’ipersensibilità (es. l’allergia IgE mediata), oltre ad essere disponibili e validate solo per pochi farmaci, come gli antibiotici betalattamici. Per quanto concerne, invece, le prove cutanee, sono gravate di un certo grado di rischio di reazione avversa nel corso del loro svolgimento.
Pertanto nella maggior parte dei casi l’unico test diagnostico realmente disponibile è la somministrazione dello stesso farmaco scatenante (Test di provocazione), da praticare esclusivamente in un ambiente ospedaliero specializzato. Questa stessa metodica è considerata “a rischio” e non può essere eseguita quando la reazione anamnestica col farmaco sospetto è stata d’intensità severa. Infatti, quando l’anamnesi è abbastanza chiara, come accade spesso per gli antinfiammatori (FANS), il Test di provocazione può essere effettuato direttamente con un farmaco alternativo, per consentire al paziente di assumerlo poi da solo, in caso di futura necessità.
In ultimo, sono in corso di perfezionamento alcuni test che permetteranno di migliorare l’accuratezza diagnostica in questo campo dell’allergologia, come il Test di attivazione dei basofili (BAT Test) ed il Test sui linfociti T.